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Psicologia e Danza

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Psicologia e Danza

Da sempre, fin dalle popolazioni primitive, l’essere umano ha sentito il bisogno di esprimere le proprie emozioni, i propri vissuti i propri sentimenti attraverso i movimenti ritmici della danza. Per comprendere il significato psicologico della danza per l’uomo, quindi, bisogna risalire alle culture più arcaiche.
Lo studioso Neumann, psicanalista di stampo junghiano, rintraccia nelle comunità umane primordiali la presenza della danza con il significato di compimento di riti ancestrali. Compiere un rito significava, in origine, danzare. La danza è l’azione in cui, tramite il coinvolgimento dinamico del corpo, il singolo individuo trascende il suo Sé corporeo, per fondersi con il suo Sé spirituale e con il Sé spirituale del gruppo. Ballare al suono dei ritmi tribali permetteva così ai gruppi di uomini primitivi di sintonizzarsi con la propria dimensione spirituale e di entrare in contatto con la rivelazione dell’Assoluto.
Che la danza sia da sempre una componente essenziale della vita umana, né è testimonianza il fatto che, in tutte le epoche e latitudini geografiche, ha accompagnato i momenti di maggior rilevanza della vita personale e sociale degli individui. Oltre a dare corpo nelle cerimonie religiose, al contatto con il divino ha celebrato le nascite, le morti, i matrimoni, il raccolto e il cambio delle stagioni. La danza è stata così il veicolo degli stati d’animo più diversi, come l’esaltazione per la vittoria in guerra o l’innamoramento e nelle cerimonie funebri ha dato corpo al dolore e al lutto.
Non si può dire, però, che il danzare sia appannaggio della sola specie umana, dato che i movimenti ritmici, le marce, gli scambi di posizione di uno o più individui sono presenti anche nel mondo animale, ad esempio quando si contendono il territorio, lottano per la supremazia o invitano una femmina all’accoppiamento. Quel che però caratterizza la danza nell’uomo sono i suoi profondi significati psicologici. Questi significati, come tutte le manifestazioni del pensiero e dell’affettività, hanno una sorta di atemporalità e universalità, nelle finalità e nelle forme espressive ma, al tempo stesso, subiscono le influenze delle epoche storiche e delle particolari culture in cui si costituiscono.
Evoluzione storica e significato psicologico della danza nelle società, dall’antichità fino ad oggi:
Gli antichi Egizi univano nella parola “hby” il significato di “danza” a quello di “essere lieto” e i Greci facevano derivare la parola “chòros” (“danza”), da “chòra” (“gioia”). Danza, poesia e armonia erano interdipendenti e gli stessi Greci, in base a questi presupposti, svilupparono un lessico di gestualità e movimenti, la “cheironomia” (“cerimonia”), in cui i passi ballati, i versi e il suono formavano un tutt’uno, detto “mousikè”, l’arte delle Muse.
In molte danze, come nell’antica danza femminile ebraica “mahol” (dalla radice verbale indicante il turbinare del vento), nella danza dei Dervisci, nella medioevale “ridda”, nella quattrocentesca “volta” (antesignana del successivo “valzer”), o in numerose danze di popoli primitivi, questo elemento di esaltazione e di ebbrezza viene espresso da un elemento costante, ovvero dal movimento rotatorio. Questo schema motorio sembra chiamare, sul piano simbolico-culturale, il movimento circolare degli astri e l’ispirazione al contatto con il divino, mentre quello individuale-soggettivo rappresenta, probabilmente, il bisogno di centralità psicologica ed il desiderio di perfezione sociale. Questa forte componente vitalistica della danza venne tenacemente contrastata, a partire dall’epoca medioevale, soprattutto dalla Chiesa Cattolica, anche con editti e scomuniche. Evidentemente con esiti non definitivi, sia perché è praticamente impossibile impedire questa così profonda espressione umana, sia perché, nelle stesse cerimonie liturgiche, la danza rituale era parte e forma di ringraziamento e celebrazione. Presso le corti rinascimentali dei signori e dei nobili la danza, che era stata per lo più espressione popolare, spontanea e rurale, diventa arte codificata, con tanto di manuali e maestri ufficiali ed entra a far parte, in forma di “gagliarde”, “sarabande”, “carole”, della vita sociale e politica delle classi dominanti.
Più tardi, attraverso le festose cerimonie settecentesce, con i vari “minuetti”, “gavotte”, “contraddanze”, si potranno seguire prima l’ascesa e poi la caduta della nobiltà, a seguito della Rivoluzione francese e la dominanza napoleonica.
Alle soglie dell’era moderna, il congresso di Vienna del 1815 segna la spartizione dell’Europa tra le grandi potenze per tutto il XIX secolo, ma anche l’inizio dell’evoluzione industriale e borghese. Nel corso dell’Ottocento, “il gran secolo del ballo”, la danza non è più scissa tra formalizzazione estetica delle classi abbienti e colte da un lato, ed esplosione-vitalistico consolatoria delle classi contadine-popolari dall’altro, ma diviene una modalità di comunicazione più omogenea e diffusa. Il ballo è, per antonomasia, ballo di coppia e diventa, quindi, veicolo di messaggi emotivi ed affettivi e soprattutto, strumento di seduzione.
Come attività psicomotoria complessa, raffinato rituale sociale ed elaborata espressione estetica, valenza di rapporto uomo-donna, si possono riscontrare tali prerogative presso le cosiddette “danze da sala”, o “ballroom dance”. Questo, secondo la codifica delle federazioni nazionali italiane ed internazionali, si articola in due categorie fondamentali, che rimandano ad origini storiche, riti, regole, ritmi musicali e modalità espressive diverse: i balli che possiamo chiamare “tradizionali” e i balli “latino-americani”. Tra i primi vi sono il valzer viennese, il valzer lento (o valzer inglese), il tango, la mazurca, la polka, il fox-trot, il quick-step, lo slow-fox-trot. Tra i secondi si annoverano, invece, la rumba, il cha-cha-cha, il samba, il jive, il paso-doble e anche il rock and roll. Da qualche anno si è aggiunta anche la categoria delle danze cosiddette caraibiche:  salsa, merengue, mambo. Simili alle latino-americane (assieme alle quali formano la più ampia categoria delle danze afro-cubane, per le comuni origini storico-culturali), si distinguono per i ritmi un po’ più scanditi. Oggi, come un tempo, nella danza da sala si ritrovano molteplici significati soggettivi e complesse dinamiche interpersonali. Sono proprio questi significati e queste dinamiche a rendere il ballo così divertente, attraente e formativo sia dal punto di vista fisico che psicologico. Ballare dal punto di vista fisico va ad aumentare la tonicità del corpo, la capacità cardiaca e polmonare etc.
Dal punto di vista psicologico, il ballo concorre a strutturare la personalità individuale in modo più consapevole e spontaneo e stimola a potenziare le capacità di socializzazione con gli altri nonché, infine, facilità il rapportarsi in modo naturale agli individui dell’altro sesso. Questi processi rimandano tutti ad un’esperienza particolare, quella di sentire il proprio corpo muoversi ad un ritmo musicale preciso ed in sintonia con il corpo di un’altra persona.
Proviamo ad osservare le diverse caratteristiche psicologiche e sociali di diversi tipi di danze. Prendendo, ad esempio, il valzer, il quale costituisce la prima danza ufficiale, rito musicale per eccellenza della società borghese in cui la coppia balla chiusa e quindi consente il nascere e l’esprimersi di un amore di tipo sentimentale e romantico, un’espressione delle emozioni e anche una posizione di subalternità della donna rispetto all’uomo. Nel valzer è l’uomo che guida, guardando avanti, decidendo le direzioni, le figure, le improvvisazioni. La donna ha uno scarso controllo visivo-motorio sull’esecuzione, poiché va all’indietro, deve seguire le indicazioni che l’uomo le trasmette col corpo, cui lei deve aderire completamente. Il valzer rappresenta l’espressione di quella che era la condizione della donna nella società dell’Ottocento, ed anche in parte del Novecento: mancanza di autodeterminazione e dipendenza. Un discorso a sé meriterebbe invece, il tango, specie nella sua versione originaria argentina, non solo per le sue origini storico-sociali (un mix originale di danze popolari locali e movimenti e ritmi europei nato inizialmente nei quartieri poveri ad opera di immigrati europei e campesinos argentini), ma anche soprattutto per l’aura di sensualità e audacia che lo ha reso da sempre oggetto al contempo di desiderio e riprovazione. Sostanzialmente, nel tango, attraverso complesse e affascinanti figure, entra in scena la narrazione dell’amore passionale fra un uomo dominante, che nella danza “comanda-segnala” alla donna l’esecuzione di precisi passi di ballo. Ma, al tempo stesso, durante il tango, la donna irretisce l’uomo in un sottile gioco di seduzione ed è capace indirettamente di gestire il rapporto con il ballerino. La ballerina esperta pur apparentemente facendosi guidare dall’uomo in realtà lo induce a ballare con lei nel modo più desiderato (il mantenere l’abbraccio chiuso in modo “milonguero” o aperto in modo “salon”, il ritmo da seguire etc).
Ancora diverse sono le danze afro-cubane. Pur esprimendo anch’esse il potere decisionale maschile (è sempre l’uomo che dà le indicazioni e manovra la partner), consentono, però, una maggiore autonomia e visibilità alla donna. La donna, ballando per lo più staccata dal corpo dell’uomo, che funge da perno ed eseguendo figure molto spettacolari ha uno spazio di espressione molto maggiore, spazio solitamente utilizzato in chiave erotica. Come avviene nella ramba-beguine, detta proprio danza dell’amore, in cui viene raccontato un vero e proprio corteggiamento. Sono, infatti, balli nati in seguito alle deportazioni di schiavi del XVI e XVII secolo, soprattutto nelle Antille, caratterizzati da un minor formalismo e una maggiore spontaneità rispetto alla vecchia Europa o ai nascenti Stati Uniti d’America.
Circa i ruoli ricoperti dai ballerini nei vari tipi di ballo si può forse dire che un uomo che ami il tango è un prepotente dominatore e la donna che lo balla una persona passiva e priva di autonomia? O che le ballerine del ramba-beguine sono disponibili ad un eventuale approccio seduttivo dell’uomo? Certamente ed assolutamente no, non vi è una correlazione così diretta e semplicistica, anche se al tempo stesso la scelta individuale del ballo a cui dedicarsi possono rivelare una maggiore o minore sintonia con certi ruoli psicologici e sociali a cui ogni specifico ballo dà una sua importanza.
Quello che si può affermare è che, al di là dei significati di ciascuna danza, il ballo è un’attività che da un lato ci fa sentire in continuità con le nostre radici-culturali e che dall’altro presenta caratteristiche proprie che consentono il potenziamento di molteplici aspetti psico-logici. Anzitutto, rispetto a molte altre attività, è un potente facilitatore dei rapporti sociali. Immaginiamo l’asettico e formale vissuto di interazione delle persone in ascensore, a teatro o in uno stadio. In luoghi dove si condivide uno spazio comune, ma ci si ignora senza desiderare di avere contatti con l’altro o condividere il proprio spazio vitale. La situazione è completamente diversa in una sala da ballo. In questo luogo si entra generalmente con la disponibilità all’incontro emotivo con gli altri. Persone che fino a qualche minuto prima erano perfetti estranei, accomunate dalla medesima apertura psicologica si presentano, si stringono e si abbracciano fino a confondere addirittura i propri respiri. Anche l’aver ballato una sola volta un ballo insieme ad un’altra persona avrà permesso di costruire un tessuto relazionale potente e fatto avvenire uno scambio emotivo profondo.
Questo fattore indirizza verso un altro aspetto importante. Infatti, la vicinanza fisica che il ballo di coppia richiede, la distribuzione dei compiti tra chi conduce e chi è condotto, il rituale che precede l’inizio della danza, gli sguardi di richiesta e di invito, l’uomo che formula l’invito, la donna che accetta o rifiuta, inevitabilmente richiamano il problema dell’identità di genere e dei ruoli sessuali. Queste peculiarità rivelano molto dei ruoli e delle caratteristiche psicologiche e sociali dell’uomo e della donna. Il semplice fatto per un uomo di dover attraversare la sala per chiedere alla donna di ballare, richiede intraprendenza e coraggio, criterio di valutazione per non aver travisato i segnali non verbali emessi dalla donna, e capacità di concorrere per le stesse donne nel dover competere con ballerini magari più esperti e rapidi nell’invitare le ballerine in attesa. Per la donna, invece, la difficoltà consiste nel dover attendere gli inviti, gestire l’ansia d’attesa e il sentirsi trascurata, o dover trovare il giusto modo per comunicare agli uomini la disponibilità a ballare. Il contatto oculare, in qualunque contesto sociale, è il più diretto per segnalare l’inizio di una interazione, mentre il distogliere o evitare lo sguardo ne decreta la fine; sorridere faciliterà gli inviti ed una posizione rigida scoraggerà gli uomini. Ma per la donna il problema in particolare è chiarire il proprio livello di disponibilità, dato che il ballo di coppia è il luogo per antonomasia in cui la vicinanza fisica e psicologica evoca ad inviti anche di altro genere.
Nel contesto della sala da ballo è opportuno, quindi, usare quei codici comunicativi che potrebbero essere definiti come la grammatica della relazione fra i sessi. Le conversazioni che accompagnano il ballo chiariscono le reciproche relazioni tra i due partner, in un gioco più o meno sottile di informazioni concesse o negate, di aperture e chiusure. In questo la sala da ballo è un contesto sociale elaborato, ma chiaro, perché nasce con finalità interattive esplicite, nello stesso tempo non limitate al solo ballare. Vengono messe in gioco le nostre capacità consapevoli di utilizzare la comunicazione verbale e non verbale e la capacità di gestire le interazioni. Il ballo è un’induzione corporea nel quale l’uomo con i suoi spostamenti trasmette precisi segnali alla ballerina. Un ballo può allora essere la realizzazione di un piano motorio e mentale del ballerino attraverso la sensibile decodifica della donna che non è, come da un’analisi superficiale potrebbe sembrare, passiva e subordinata in modo assoluto. Al contrario sta alla donna il difficile compito di decodificare i “comandi-segnali dell’uomo”, di “adornare” in modo assolutamente personale i movimenti richiesti, ma anche in modo meno manifesto, ma non meno importante, contribuirne a creare la velocità di esecuzione dei movimenti, l’ampiezza degli slanci, le posizioni assunte. Sul piano dell’esecuzione tecnica in ogni danza l’apporto di ciascuno dei due partner è essenziale e indispensabile: solo grazie alla reciproca e coordinata organizzazione dei tempi, dei ritmi, degli spostamenti, dei movimenti, delle rotazioni il ballo può avere inizio, svolgersi e concludersi: viceversa si andrebbe incontro a fallimento.
Ciò che è essenziale nell’esecuzione di qualunque ballo è l’affinamento delle capacità cognitive e di elaborazione delle informazioni. Il ballare insieme è un processo cognitivo ed emotivo articolato e complesso che comprende l’integrazione di una molteplicità di elementi come lo spazio, gli individui che lo compongono, il tempo del brano musicale, il ritmo, la melodia, il proprio corpo e quello del partner e, non meno importante, il proprio stato d’animo e quello dell’altro.
Per le caratteristiche descritte e per l’approccio e le aspettative consce o inconsce che si nutrono, il ballo da sala è essenzialmente un gioco, a differenza di altri balli come ad esempio il ballo in discoteca, dove tutto è ostentazione solipsistica delle proprie capacità e della propria avvenenza. Nel ballo da sala, invece, vengono rappresentate storie e sentimenti. Tutti i balli codificati simbolizzano le trame, i sentimenti e gli atteggiamenti umani. Il valzer viennese ad esempio, gioioso e vitale, è una metafora dell’incontro e dell’innamoramento, il valzer inglese, più lento e languido, è una metafora di quanto ne consegue, ovvero la realizzazione dell’amore. Il tango rappresenta, invece, un amore appassionato non privo di rancori e difficoltà, gelosie e tradimenti, il fox-trot, invece, frizzante e allegro, la riconciliazione e l’armonia ritrovata.
Ma il ballo è anche rappresentazione in senso più ampio perché ognuno vi può proiettare gli stati d’animo più consoni al proprio modo di essere, ai propri bisogni sentimentali ed affettivi o alle proprie esigenze estetiche o di espressione. Ciascuno può decidere di vivere fino in fondo questi bisogni assumendo i ruoli che si preferiscono, senza che questo metta in discussione chi siamo, la nostra quotidianità e la nostra identità.
Chiunque, di qualunque età, sesso e retaggio culturale, può essere passivo o audace, seduttivo o sedotto, dolce o duro perché, in fin dei conti, è solo un gioco. In questo gioco sottile fra i sessi si riscontra il piacere dell’esperire l’attività ludica, piacere riscontrato sia nel mondo animale che umano ad ogni età dall’infanzia all’età anziana. Nel contesto della sala da ballo, svincolato dalla realtà e dalle sue leggi, giocare ci consente di esercitare le nostre capacità e realizzare le nostre aspirazioni, senza rischi immediati, ma con dei vantaggi futuri.
In conclusione, si può affermare che il bisogno/desiderio di esprimere vissuti psicologici attraverso i movimenti ritmici della danza è atemporale e universale, appartiene alla specie umana di ogni tempo e cultura. È l’inarrestabile danza dell’umanità che si muove attraverso il tempo della sua vita, scandita dai ritmi dell’infanzia, dell’adolescenza, fino all’età adulta e senile.

Fonte: Dottoressa Monica Barassi  Psicologa in movimento
http://www.benessere.com/psicologia/arg00/psicologia_danza_02.htm
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